Santa Maria,

Santa Maria,
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domenica 11 agosto 2013

Nella città meravigliosa - SIA BENEDETTO FRANCESCO !

Nella città meravigliosa

 

(Miguel Delgado Galindo, Sottosegretario del Pontificio Consiglio per i Laici) Sono tante le impressioni che vengono in mente a chi ha avuto la fortuna di partecipare alla giornata di Rio e non è facile sintetizzarle. Prima della partenza, Papa Francesco aveva affermato che si sarebbe potuto parlare di «settimana della gioventù». Come accadde per la gmg di Colonia nel 2005, anche quella di Rio è stata di due Papi: Benedetto XVI e Francesco. Durante la festa di accoglienza dei giovani, a Copacabana, il Pontefice ha voluto ricordare in modo grato ed emozionato — corrisposto da un caloroso applauso — il suo predecessore, che nel 2011 aveva convocato i giovani a Rio, a conclusione della gmg di Madrid.
La gmg ha ormai quasi trent’anni, ma è sempre nuova. Dopo tanto tempo trascorso, si parla ormai di una generazione gmg, cioè di ragazzi che sono cresciuti con questa esperienza, una o più volte. Per i giovani, è un’occasione propizia per incontrare Gesù insieme al Papa e ai loro coetanei, per rinsaldare la propria fede e testimoniarla agli altri, per scoprire che la Chiesa è viva e giovane, per trovare la propria vocazione cristiana, sia nel celibato per il Regno dei cieli sia nel matrimonio.
La giornata di Rio è stata preceduta da una settimana missionaria nelle diverse diocesi brasiliane. Ci sono elementi costanti in ogni edizione: la messa di apertura, la festa di accoglienza al Pontefice, le catechesi dei vescovi ai giovani, le confessioni nelle varie lingue, la via crucis, la veglia di preghiera del sabato sera e, infine, la messa della domenica.
C’era grande attesa per le parole che Papa Francesco avrebbe indirizzato ai giovani. Come i suoi due predecessori che hanno vissuto le giornate, il Pontefice ha indicato un livello alto della vita cristiana, senza fare sconti ai giovani («La fede è intera, non si frulla»). Da questo proviene la forza della sua parola a Rio, delle sue domande incalzanti («In chi riponiamo la nostra fiducia? In noi stessi, nelle cose, o in Gesù?», «Io parlo con Gesù, oppure ho paura del silenzio?», «Volete costruire la Chiesa?», «Sapete qual è lo strumento per evangelizzare i giovani? Un altro giovane»), del suo invito ad ascoltare la sua chiamata («Il Signore oggi vi chiama! Non al mucchio! A te, a te, a te, a ciascuno»), ad accogliere Gesù («Metti Cristo»), a essere suoi amici e discepoli («Parlate sempre con Gesù, nel bene e nel male […]. Non abbiate paura di Lui!») e testimoni del suo Vangelo («Fatevi sentire», «La fede è una fiamma che si fa sempre più viva quanto più si condivide»). Francesco chiama i giovani «campo della fede» e, utilizzando espressioni calcistiche, li incoraggia a non indietreggiare («Non mettetevi nella coda della storia. Siate protagonisti. Giocate in attacco! Calciate in avanti»). Papa Francesco richiama pure con forza a proteggere i due margini estremi della società: i giovani e gli anziani, che rischiano di rimanere esclusi.
Le periferie esistenziali sono una costante nel pensiero e nell’agire pastorale di Papa Francesco. Nelle moderne megalopoli come Rio di Janeiro se ne trovano facilmente, anche dietro l’angolo, e per questo il Pontefice ha voluto recarsi all’Ospedale San Francesco di Assisi, nel quartiere di Tijuca, dove sono assistiti giovani tossicodipendenti, e visitare la comunità di Varginha a Manguinhos, nella zona nord della città, che fa parte di una favela recentemente pacificata, per evangelizzare, per abbracciare in quelle persone «la carne sofferente di Cristo», come egli ama dire, per tendere loro la mano, per portare speranza a chi potrebbe averla persa dinanzi a difficoltà quotidiane che a volte appaiono ormai insormontabili, per esortare a una cultura della solidarietà.
Il Papa desiderava tornare al santuario di Nostra Signora di Aparecida, allo scopo di affidare alla Vergine Maria se stesso, la gmg di Rio e l’intero popolo latinoamericano. Nel maggio 2007 si tenne ad Aparecida la quinta conferenza generale dell’episcopato latinoamericano e dei Caraibi. Il cardinale Jorge Mario Bergoglio partecipò intensamente ai lavori e fu eletto presidente del comitato che preparò il documento conclusivo. Il 16 maggio 2007, uno dei primi giorni dell’assemblea, toccò all’arcivescovo di Buenos Aires presiedere nel santuario una delle prime concelebrazioni eucaristiche e dopo la sua omelia accadde un fatto inusuale: scoppiò un entusiastico applauso generale, che non si ripeté più durante quell’assemblea dei vescovi. Il cardinale Bergoglio disse che lo Spirito Santo ci introduce nel mistero di Dio, perché la sua Chiesa sia, da una parte, adoratrice e orante e, dall’altra, ci faccia uscire verso ogni periferia esistenziale, per evangelizzare, «perché non desideriamo essere una Chiesa autoreferenziale, ma missionaria». E questo insieme, il Papa, i pastori e il popolo, con Maria, la Madre del Signore.
Il 28 luglio Papa Francesco ha ricordato ai responsabili del Consiglio episcopale latinoamericano, nel centro studi di Sumaré, che nel 2007 la Conferenza dell’episcopato latinoamericano e dei Caraibi si era tenuta per la prima volta in un santuario mariano: in questo modo i vescovi avevano potuto immergersi in un ambiente di preghiera e nella vita di fede del popolo di Dio che si recava al santuario di Aparecida. Questo fu il contesto nel quale fu elaborato il documento conclusivo che apriva le porte alla missione continentale.
Rispondendo a una domanda del giornalista argentino Sergio Rubin sull’aereo che lo riportava a Roma dopo la gmg, Papa Francesco ha detto che «la giornata è stata un evento meraviglioso». E all’Angelus di domenica 4 agosto il Pontefice ha ricordato la gmg di Rio come «una grande festa della fede», chiedendo poi «di pregare con me affinché i giovani che hanno partecipato alla Giornata mondiale della gioventù possano tradurre questa esperienza nel loro cammino quotidiano, nei comportamenti di tutti i giorni; e che possano tradurlo anche in scelte importanti di vita, rispondendo alla chiamata personale del Signore».
Dopo Rio, la gmg continua il suo percorso verso la prossima tappa, a Cracovia nel 2016. Alcuni giovani ripeteranno l’esperienza; altri lo faranno per la prima volta. In questo itinerario di fede avranno sicuramente come compagno nel loro cammino un loro amico che sarà stato proclamato santo: Giovanni Paolo II.
L'Osservatore Romano

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SIA BENEDETTO FRANCESCO !

11 AGOSTO 2013 /  di Antonio Socci
E’ ormai la mania dei media: attribuire a papa Francesco idee opposte a quelle di Benedetto XVI, soprattutto sui temi più cari al mainstream giornalistico, cioè gay, donne, Chiesa, ambiente, capitalismo, povertà....Continua a leggere
Lo si è visto dopo la famosa conferenza stampa sull’aereo. Il salotto radical-chic è così convinto che Francesco stia rovesciando l’insegnamento del predecessore che ieri perfino uno che non sa nulla di cristianesimo – come Claudio Sabelli Fioretti – su un magazine di “Repubblica” lo rappresentava come “uno straordinario folle che potrà finalmente mettere in crisi la Chiesa”.
Visto l’andazzo, al di qua e al di là dell’Atlantico, Pat Archbold nel suo blog, sul sito americano del “National Catholic Register”, si è divertito a farsi beffe del pigro conformismo liberal, secondo cui Francesco dice il contrario di Ratzinger.

LO SCHERZO DI PAT

Ha scritto che – ebbene sì – il Papa si schiera con i gay. Ecco le parole che lo provano:
“È deplorabile che le persone omosessuali siano state e siano oggetto di odio violento nei discorsi o nelle azioni. Un simile trattamento merita la condanna da parte dei pastori della Chiesa ogni qual volta si verifichi”.
Ha proseguito affermando che il Papa spara a zero sui ricchi ed esalta la causa dei poveri. Eccone la prova:
“Se ci rifiutiamo di condividere ciò che abbiamo con il povero e l’affamato, rendiamo il nostro possesso un falso dio. Quante voci nella nostra società materialista ci dicono che la felicità si trova nell’accumulare proprietà e lussi! Ma questo è rendere il possesso un falso dio. Invece di portare la vita, essi portano la morte”.
Non solo. Egli demolisce l’idea teocratica del papato ed è un papa umile. Ecco  la dimostrazione: “L’autorità del Papa non è illimitata”. “I signori cardinali hanno eletto me, un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore. Mi consola il fatto che il Signore sa lavorare ed agire anche con strumenti insufficienti e soprattutto mi affido alle vostre preghiere”.
E l’insegnamento del Papa finalmente riconosce il giusto posto della donna nella Chiesa:
“È importante dal punto di vista teologico e antropologico che la donna sia al centro della cristianità. Attraverso Maria, e le altre donne sante, l’elemento femminile è posto al centro della religione cristiana”.
Infine il Papa preferisce ai “bigotti” la carità: “Se nella mia vita trascuro completamente l’attenzione agli altri, tutto preso dalla brama di essere ‘devoto’ e di compiere i miei ‘doveri religiosi’, allora la mia relazione con Dio sarà arida. Diventerà più ‘appropriata’, ma senza amore”.
E poi è ambientalista (“Ascoltate la voce della terra…”) e condanna il capitalismo (“La prevalenza di una mentalità egoista e individualistica che trova espressione anche in un capitalismo sregolato”).
Parrebbe evidente da questi pronunciamenti che Francesco è l’opposto del predecessore e di tutti gli altri papi. C’è solo un piccolo problema, ha spiegato il sarcastico americano: tutte le citazioni  che avete letto non sono di Francesco, ma di Benedetto XVI.
Quel Ratzinger che i media non hanno mai ascoltato e quindi non conoscono. Come quei cattolici – di destra e di sinistra – che contrappongono lui e Francesco.

BENEDETTO RIVOLUZIONARIO

Sentite queste fiammeggianti parole:
Ma non dobbiamo pensare anche a quanto Cristo debba soffrire nella sua stessa Chiesa? A quante volte si abusa del santo sacramento della sua presenza, in quale vuoto e cattiveria del cuore spesso egli entra! Quante volte celebriamo soltanto noi stessi senza neanche renderci conto di lui! Quante volte la sua Parola viene distorta e abusata! Quanta poca fede c’è in tante teorie, quante parole vuote! Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a lui! Quanta superbia, quanta autosufficienza!”.
Parole di Francesco? No, di Ratzinger. Come pure queste che – se fossero pronunciate oggi da Francesco – susciterebbero gli anatemi dei tradizionalisti:
“Al di sopra del papa, come espressione della pretesa vincolante dell’autorità ecclesiastica, resta comunque la coscienza di ciascuno, che deve essere obbedita prima di ogni altra cosa, se necessario anche contro le richieste dell’autorità ecclesiastica. L’enfasi sull’individuo, a cui la coscienza si fa innanzi come supremo e ultimo tribunale, e che in ultima istanza è al di là di ogni pretesa da parte di gruppi sociali, compresa la Chiesa ufficiale, stabilisce inoltre un principio che si oppone al crescente totalitarismo”.
Vi piace la tenerezza di Francesco che preferisce i sofferenti ai potenti? Sentite questa perla:
“Le vie di Dio sono diverse: il suo successo è la croce… non è la Chiesa di chi ha avuto successo ad impressionarci, la Chiesa dei papi o dei signori del mondo, ma è la Chiesa dei sofferenti che ci porta a credere, è rimasta durevole, ci dà speranza. Essa è ancora oggi segno del fatto che Dio esiste e che l’uomo non è solo un fallimento, ma può essere salvato”.
Di nuovo sono parole di Ratzinger. Che possono sorprendere solo chi non lo ha mai ascoltato.

CHIESA POVERA

Come ha osservato Andrea Gagliarducci, gli stessi che oggi si entusiasmano quando papa Francesco chiede “una chiesa povera per i poveri” o spiega che “le istituzioni (come lo Ior) servono, ma fino a un certo punto” o quando fulmina la “mondanizzazione” e “l’autoreferenzialità” della Chiesa, ignorano gli strali di papa Benedetto contro “carrierismo e clericalismo”, contro “una Chiesa soddisfatta di se stessa, che si accontenta in questo mondo, è autosufficiente e si adatta ai criteri del mondo. Non di rado dà così all’organizzazione e all’istituzionalizzazione” proseguiva Benedetto “un’importanza maggiore che non alla sua chiamata, all’essere aperta verso Dio e ad un aprire il mondo verso il prossimo”.
In quel fondamentale discorso a Friburgo, Benedetto concludeva: “Liberata dai fardelli e dai privilegi materiali e politici, la Chiesa può dedicarsi meglio e in modo veramente cristiano al mondo intero, può essere veramente aperta al mondo”.

FRANCESCO RATZINGERIANO

Ovviamente si può fare anche il gioco inverso. Per mancanza di spazio farò un paio di esempi recenti.
Il “Corriere della sera” del 6 agosto – in un servizio che magnificava la vita “childfree”, cioè libera dal generare figli – ha preteso di arruolare pure Francesco in questa moda perché – stando al giornale – il papa ritiene che i pastori della Chiesa “non hanno diritto di intromettersi nella vita privata di nessuno”.
Ma il vaticanista Magister giudicando “molto fantasiosa” questa idea ha ricordato che – appena pochi giorni prima, il 27 maggio – Francesco nella sua omelia riportata dall’ “Osservatore romano”, ha tuonato proprio contro quella “cultura del benessere che ci fa poco coraggiosi, ci fa pigri, ci fa anche egoisti…” e come esempio ha riprodotto il dialogo di una coppia che decide di non avere un figlio per non rinunciare alle comodità.
Un altro esempio è la lettera che papa Francesco ha fatto recapitare il 9 agosto ai “Cavalieri di Colombo”, riuniti in Texas. Sembra Ratzinger. Infatti li esorta a continuare la “testimonianza dell’autentica natura del matrimonio e della famiglia, della santità e della dignità inviolabile della vita umana, e della bellezza e verità della sessualità umana”.
Bisogna sapere che questa organizzazione negli Usa è al centro di polemiche per la sua vigorosa opposizione alle leggi sulle unioni omosessuali.
Alla fine la verità è quella che Benedetto XVI – secondo il giornale tedesco “Bild” del 5 giugno – ha confidato a due amici, il cardinale Paul Cordes e il teologo psichiatra Manfred Lutz, che gli hanno fatto visita nel suo eremo vaticano: “Dal punto di vista teologico siamo perfettamente d’accordo”. Parlava di lui e Francesco.
La loro è la stessa Chiesa e la stessa fede. Benedetto doveva ridare ragioni ai cristiani, mentre Francesco cerca di parlare alle 99 pecorelle che sono fuori dall’ovile, per farle incontrare con Cristo e la sua misericordia. Tutto qua.


Da “Libero”, 11 agosto 2013

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